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mercoledì 28 settembre 2011

La biblioteca incantata


All'ombra di questa prima notte di luna nuova autunnale, un piccolo scintillio che sguizzò dietro la porta socchiusa della soffitta attirò i nostri sguardi. Spinti dalla curiosità, non senza un fremito di adrenalina, ci sospingemmo quatti verso essa e sbirciammo all'interno del locale attraverso lo spiraglio.
Sembrava tutto normale. La stanza era impolverata e fredda come sempre, non un'ombra anomala, non un movimento. Stavamo per chiudere la porta quando un nuovo scampanellio richiamò la nostra attenzione. A questo punto, certi della presenza di qualcuno o qualcosa, strizzammo gli occhi per catturare quanti più dettagli potessimo in mezzo a tutta quell'oscurità.
Non fu semplice, ma quando la vista non rappresentava più il senso su cui fare maggiore affidamento, le orecchie iniziavano a lavorare di più. Fu così che trovammo l'origine del rumore. Qualcosa si muoveva sotto la pesante coperta di velluto, lasciata lì da chissà quanto e da chissà chi per proteggere dallo spesso strato di polvere che si era formato mobili che difficilmente riscopriranno il calore e la luce di una stanza abitata.
Pensammo fosse un gatto che non riusciva più a scappare, ogni tanto arrivavano dalle abitazioni dei vicini e si intrufolano negli angoli più improbabili della nostra soffitta.
Prima che potessimo intervenire per salvare la povera creatura dalla sua stessa curiosità, ci fu un tonfo sulle assi di legno che fece sollevare un gran polverone.
Per terra era rovesciato un vecchio portagioie che nessuno ricordava più di possedere. Le cinghie che lo tenevano chiuso erano state sciolte facendo riversare sulla superficie tutto il suo contenuto. Non era molto in effetti, qualche perla che sarebbe sparita in mezzo alle assi spostate del pavimento - finendo così anche loro tra gli oggetti smarriti - e un solo ed unico oggetto solido e compatto che rimase fermo: una chiave.

Non era la solita chiave, piccola e leggera di cui i nostri portachiavi erano pieni. Era grossa, quanto una nostra mano. Non pensavamo certo che avesse qualche utilità dal momento che era stata relegata in quell'angolo sperduto della casa. Ci raddrizzammo per andare a sistemare il disastro e catturare l'intruso prima che combinasse altri danni, ma una lucina chiarissima, che non poteva lasciare dubbi sulla sua esistenza, schizzò fuori dalla coperta come un razzo e raccolse la chiave con aria trionfante.
Strabuzzammo gli occhi per la sorpresa mentre qualcosa sembrava tenerci incollati al punto in cui eravamo rimasti fermi fino a quel momento.
Quella che sembrava una fatina tenne stretta la chiave a sé e volò dritta verso lo specchio dalla grossa cornice intagliata che avevamo spostato lì dopo l'ultimo rinnovo di arredo nel salotto.
Con nostro grande stupore, invece di rompere - o sbattere contro - la superficie, l'attraversò lasciando su di essa innumerevoli centri concentrici che si allargavano dal punto in cui era stata perforata.

Sembrava di osservare uno specchio d'acqua inclinato verticalmente. Quando lo sbigottimento iniziale cedette nuovamente il passo alla curiosità, anche l'adrenalina tornò a circolare nelle nostre vene. Corremmo verso lo specchio per provare a toccare quella superficie stranamente ondeggiante e venimmo risucchiati al suo interno.
Non esisteva modo per descrivere lo spavento e l'eccitazione che ciò produceva. Era tutto reale. Ciò che normalmente si sarebbe letto in un libro o visto in un film stava accadendo, e accadeva a noi!
In un attimo ci trovammo sputati da un buco a mezz'aria - per fortuna della nostra incolumità la distanza dal suolo non superava il metro e mezzo - su uno spiazzo verde che aveva tutta l'aria di essere una collinetta.
Era tramonto, non era più notte, e all'ombra della grossa quercia vedemmo in lontananza solo un'unica magnifica villa circondata da alte mura.
Una piccola raffica ci fece individuare la fatina che a quanto pare aveva avuto un viaggio più lungo e un atterraggio meno comodo - per quanto questo fosse possibile - del nostro.
Pur avendo attraversato il portale (o qualunque cosa fosse) prima di noi era partita al volo solo adesso e non si era nemmeno accorta della nostra presenza. Non avendo altri punti di riferimento decidemmo di seguirla verso la sua meta, che a quanto sembrava era proprio villa che avevamo notato prima.
Il cancello era aperto, ma non pensavamo fosse opera della strana creatura che ci aveva guidati fin lì dal momento che non ne aveva necessità per oltrepassarlo. Il vialetto che conduceva all'ingresso era costeggiato da entrambi i lati da una fila di cespugli meticolosamente potati ed era tagliato a metà da una fontana che spruzzava acqua. La villa era abitata.
Non ci saremmo permessi di avvicinarci ulteriormente in una situazione normale, ma quella non era una situazione normale e noi lo sentivamo. Qualcosa ci invitava ad entrare, una forza misteriosa e prorompente ci accompagnava passo dopo passo verso l'entrata della villa.
Senza rendercene conto oltrepassammo la soglia e ci inoltrammo all'interno dell'abitazione come se sapessimo dove andare, le nosre gambe ci stavano conducendo a un'estremità del corridoio alla cui fine svettava l'arco della pesante porta in legno lucidato che noi sapevamo di dover aprire.
Senza alcuno sforzo la porta si mosse sotto la nostra leggera spinta. Ciò che ci si presentò davanti non aveva termini per essere descritta. Mai in vita nostra avevamo visto raccolta più fornita di testi, libri di ogni tempo e luogo. Ogni parete era fittamente rivestita da innumerevoli opere di autori più o meno famosi. La sala si estendeva non solo in ampiezza, ma anche in altezza. Rampe di scale portavano a livelli soppalcati ideati allo scopo di raggiungere i libri posizionati più in alto. Piccoli rifugi di lettura - divani e poltrone che racchiudevano un tavolino al loro centro - erano ordinati in tutta la sala.
Mentre noi ci perdevamo a rimirare ogni parete, non ci accorgemmo che la fatina era sbucata da dietro la porta con la chiave ancora stretta in grembo e si accingeva a raggiungere un angolino adombrato dalle spesse tende raccolte ai bordi della finestra.

Distratti dal rumore metallico che produsse, ci avvicinammo a controllare la presenza di un'eventuale altra persona.
Ciò che trovammo era la ladra della nostra soffitta che tentava di aprire una gabbia in cui era rinchiusa una sua simile. I suoi sforzi sembravano inutili così, impietositi, provammo a dare una mano controllando la resistenza della serratura. Non sapremo mai se fu la nostra forza considerevolmente superiore a quella delle fate - o una porticina mai chiusa a chiave - a rendere possibile l'apertura della gabbia solo grazie a una decisa spinta, ma l'importante in quel momento era che la prigioniera fosse salva e libera di volare via insieme alla compagna venuta in suo soccorso.
Appena la fata lasciò la propria prigione, questa come per incanto si dissolse nella luce che si sparse nella biblioteca illuminandola in ogni suo angolo.
Le fatine volarono via produendo trilli gioiosi e allegri, tutto ciò che rimase era la chiave rubata dalla nostra soffitta la cui funzione ancora ci sfuggiva, ma non era importante. Eravamo in una biblioteca incantata.

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